Chi erano i Celti?

Articolo di Francesco Manetti, studioso di culture e religioni gentili nordeuropee.

Principiamo dai termini. La parola “celti” proviene dal greco keltoi, usato dai primi autori come Erodoto per riferirsi a specifiche popolazioni provenienti dal Nord. L’etimologia indoeuropea è incerta e la radice kel- potrebbe essere legata a strumenti di guerra o azioni di combattimento. Anche l’altro vocabolo, “galli”, proviene dal greco galates e potrebbe essere connesso alla radice indoeuropea gal- col significato di “forte”, “eccellente” etc..

Diffusione della cultura celtica


Ma chi erano questi Celti? Secondo le descrizioni degli autori classici essi erano popolazioni che abitavano l’Europa Centrale, le Isole Britanniche fino alla Penisola Iberica. È bene chiarire fin da subito che qualunque tentativo di vedere in questi popoli un’etnia (o peggio, una razza) unica, monolitica e autoconsapevole è destinato a fallire. Il mondo celtico è enorme e spazia dall’Anatolia fino all’Irlanda, perciò sarebbe forse più corretto parlare di una cultura formatasi inizialmente durante l’Età del Ferro nel cuore d’Europa. La sua prima manifestazione fu la Cultura di Hallstatt (800 a.C. – 500 a.C.), dal nome di un paese austriaco, individuata dagli archeologi nella regione alpina tra Germania meridionale, Svizzera, Austria e Alpi italiane. Potremmo in effetti dire che, per la distribuzione, l’influenza e la diffusione, la cultura celtica sia la cultura più autenticamente “Europea” di tutte. Essa si espanse per gran parte dell’Europa, diede vita alla Cultura di La Tène (nome di paese svizzero), influenzò i popoli mediterranei, i popoli scandinavi e lasciò la sua forte impronta anche nella storia medievale. È importante tenere a mente che i Celti (come Latini, Greci, Slavi etc..) fanno sempre parte della cultura indoeuropea, di conseguenza la loro diffusione implicò la fusione con le culture europee preesistenti.

Sarebbe un’impresa titanica parlare qui estesamente di tutti gli aspetti, materiali e immateriali, di tale cultura, la quale ha avuto una storia grosso modo millenaria che va dai Grabhügeln (le tombe a tumulo) principeschi della prima Età del Ferro fino alle culture gaeliche medievali. Perciò in questa sede mi limiterò, dato che la nostra associazione si occupa di spiritualità, a trattare degli aspetti principali della religione celtica.

La società

Come abbiamo detto in precedenza la storia celtica si estende lungo tanti secoli e la sua conformazione sociale varia moltissimo a seconda della posizione geografica. Ad ogni modo, prendendo a esempio quelle popolazioni che per prime vennero alla storia ed avevano contatti più stretti col mondo mediterraneo, troviamo una società già molto sviluppata e stratificata. L’Età dei Principi si era conclusa da molto tempo e alla fine dell’epoca di La Tène (I sec. a.C.) le popolazioni celtiche tra sud della Germania e Gallia erano divise in entità statuali di varia grandezza e che, secondo le fonti, si contendevano il potere per porzioni di territorio sempre più ampie. Difficile dire che relazione avessero con la propria identità, se fosse di famiglia, tribù, popolo, cultura o più probabilmente tutte queste messe assieme. I popoli più potenti aspiravano al comando di grandi porzioni del mondo celtico. Verosimilmente, soprattutto in Gallia ma non solo, i Celti erano consapevoli di far parte di una cultura più grande e, come accadeva nel mondo greco, anche nelle “Gallie” vi erano eventi e celebrazioni pan-celtiche. Un esempio sono le testimoniate assemblee e concili del mondo druidico, i quali spaziavano dal continente alle isole britanniche (queste ultime considerate anche in antichità il luogo d’origine della conoscenza druidica). Lugdunon (oggi Lione), città fondata in onore del principale dio gallico Lugus, era sede di un grande santuario situato non a caso in una zona di confine tra i popoli (Segusiavi, Allobrogi e Ambarri). Quel tratto del fiume Rodano era infatti un fondamentale snodo commerciale tra i punti cardinali, dal Mar Mediterraneo al bacino del Reno e dalle Alpi fino all’Atlantico. Non dev’essere un caso se la collina di Fourvière a Lione fosse stata dedicata proprio a Lugus, il quale (come Wotan / Odino / Mercurio / Hermes) era anche il dio dei viaggi, dell’eloquenza e del commercio. Sicuramente Lugdunon doveva essere un grande luogo di ritrovo spirituale e teologico per il mondo druidico e non è un caso se in età romana sarebbe diventata la “Capitale delle Gallie” e avrebbe ospitato il grande Santuario Federale delle Tre Gallie.

Nel momento di massimo sviluppo i Celti dell’Europa continentale vivevano nella Cultura degli Oppida, dal latino oppidum che indica una cittadina fortificata non dotata di pomerium, ovvero più grande di un villaggio ma non grande come una civitas. In sostanza questi oppida erano borghi fortificati in cima a colline che poco avevano da invidiare alle città del Mediterraneo. Essi di solito erano le città capitali di una nazione, ci vivevano migliaia di persone e vi si svolgevano tutti i tipi di attività che possiamo immaginare. Nell’edificio principale ci viveva il rix o si riuniva l’assemblea dei capi del popolo. Anche la giustizia, l’arte, la filosofia e le scienze erano più avanzate di ciò che possiamo immaginare. Particolarità della civiltà celtica è la presenza di una potente classe sacerdotale: i druidi.

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La Religione

I DRUIDI

Come abbiamo appena detto una caratteristica di tale religione è l’esistenza di un ordine sacerdotale unico e presente in tutto il mondo celtico. A dispetto di alcune semplicistiche rappresentazioni non dobbiamo assolutamente fare l’errore di sottovalutare la complessità della figura del druido. Quest’ultimo infatti non era solo un amministratore del culto, anzi, probabilmente l’aspetto rituale era una conseguenza del suo status. L’etimologia del nome riconduce probabilmente a un composto dru- (quercia, folto) -weid (vedere) e quindi colui che “vede bene” o più romanticamente che “vede attraverso la quercia”. Dunque il druido corrisponde in effetti al membro della tribù che possiede una capacità maggiore di vedere e leggere la realtà e di conseguenza di avere un accesso diretto alla sapienza divina. Proprio perché nelle antiche civiltà la saggezza e la scientia erano indistinguibili dalla spiritualità (lo si vede anche nelle società arcaiche mediterranee) il druido ricopriva necessariamente tutte le funzioni sociali dell’intellettuale. Come dicono Cesare e Strabone i druidi si occupavano anche di scienza, filosofia, diritto e politica.

Essi erano i preservatori dell’antica conoscenza, della memoria del popolo e, nonostante sapessero scrivere, possedevano la regola che le res sacrae (le cose sacre) dovevano essere tramandate solo oralmente. Per loro la scrittura era solo utile all’amministrazione e agli affari pratici ma non degna di serbare il divino, il quale doveva essere oggetto di costante cura da parte della nostra memoria. Per quanto affascinante questo principio è una delle cause per cui ci è rimasto pochissimo del pensiero druidico. Stando a Strabone i druidi erano grandi matematici, astrologi e prediligevano delle idee filosofiche di tipo pitagorico. I numeri erano sacri e il cosmo era creato dalla separazione degli opposti: fuoco e acqua. Divenire druido richiedeva un percorso di vita dedicato e in tutte le Gallie vi erano scuole druidiche in cui i giovani delle famiglie più ricche erano mandati a studiare. Nelle scuole più a sud (come Marsiglia) ci si confrontava anche con le idee che provenivano dall’Oriente e dal mondo greco, perciò non è difficile pensare che i druidi fossero a conoscenza del pensiero filosofico greco. Ovviamente una élite del genere non poteva esimersi dalla politica, perciò non è raro che fungessero anche da consiglieri dei re (da cui arrivano figure come Gandalf con Theoden), andassero in battaglia come capipopolo e pacificatori nelle dispute. Come abbiamo detto essi erano anche i conservatori delle leggi del popolo, perciò si occupavano anche della giustizia nei tribunali.

COSMOLOGIA

Tornando agli affari religiosi, ai druidi era affidata la memoria mitica e rituale della gens. Essi amministravano i principali riti e le principali festività del calendario. La loro conoscenza mantica, divinatoria, profetica li avrebbe poi fatti associare a dei maghi nel corso dei secoli fino al Medioevo e da lì nella nostra letteratura contemporanea. La religione celtica aveva più o meno le medesime caratteristiche degli altri politeismi indoeuropei. Essa non era frutto di una rivelazione, non ha delle sacre scritture, bensì ha una memoria mitica e rituale legata a un’etnia. Dunque non ha grandi pretese universalistiche o metafisiche ma è sostanzialmente panteistica (il divino coincide con la natura stessa) e conserva tanti elementi dello sciamanesimo e del totemismo. L’accento sul concetto di verità / falsità non è dominante, al contrario essa si rispecchia nel divenire e nel continuo cambiare del Tutto. Perciò non vi si ritrovano concetti come eresia, infedeltà, falso dio, dottrina, miscredenza, ortodossia, errore, dogma, peccato, male o bene assoluto etc.. Lo spirituale e il materiale non sono separabili ma convivono nel medesimo “essere”, per questo i luoghi degli Dèi, così come l’Oltretomba etc. giacciono accanto ai luoghi dei mortali. Magari sono difficili da vedere o da trovare ma non sono al di là del mondo, sono immanenti e interni alla natura. Anche i concetti di bene o male sono quelli che si ritrovano in natura, più relativi che assoluti, e si parla più di negativo o positivo, oppure ancor meglio di Ordine e Caos. Non c’è niente di assolutamente assoluto, relativamente relativo, relativamente assoluto o assolutamente relativo, ma c’è l’eterno mistero del continuo-mutare e del vivere, che consiste della relazione dinamica tra individuo-volontà e destino-fine.

PANTHEON

Non sono concetti semplici ed è difficile riassumerli in due righe. Ad ogni modo i Celti avevano un loro pantheon di Dèi principali, probabilmente pan-celtici. Grazie all’archeologia e agli autori romano-greci noi conosciamo Lugus, ossia la divinità sovrana, corrispondente a Mercurio, Ermes e a Wotan/Odino (per cui, a differenza dei pantheon romano-greci in Nordeuropa la divinità principale non aveva le qualità del Dio delle Tempeste ma del Dio dei Viaggi, del Commercio e dell’Eloquenza). Conosciamo l’ancestrale Cernunnos, anche se solo per fonti archeologiche. Egli è rappresentato, come testimonia il suo nome, da due grandi corna e le sue raffigurazioni spaziano dalla Francia alla Germania e dall’Italia del Nord fino alla Spagna. Egli appare come un Dio degli Animali, della foresta e dei luoghi selvaggi. Tra le dee più importanti abbiamo Rosmerta, il cui nome sembra voler dire “la grande accuditrice, colei che cura e provvede”, ed è analoga alla Giunone romana. è la consorte di Lugus, regina degli Dèi, patrona della fertilità e dell’abbondanza. Importantissima è anche Epona, la “grande giumenta”, dea dei cavalli e della fertilità. Ella era diffusissima nel mondo celtico e questo ci fa capire l’importanza della cavalleria in Europa centrale e per di più fu apprezzatissima e venerata anche nel mondo romano come patrona dei cavalieri e delle truppe ausiliarie. A Guidizzolo, in Emilia-Romagna, un calendario rurale di epoca romana, segna la Festa di Epona al 18 dicembre (Epona tra l’altro è anche il cavallo di Link nel videogioco La Leggenda di Zelda). Altra divinità fondamentale è il “Dio del Popolo”, Teutates, il quale è difficile distinguere dagli altri dei principali come Lugus o Taranis. Infatti molte il suo nome è un epiteto che completa quello di questi ultimi. Egli rappresenta la paternità, il popolo intero e la principale guida divina in guerra e pace. Dobbiamo menzionare ovviamente anche Taranis, il dio celtico del tuono, analogo degli altri dei del tempo atmosferico come Giove, Zeus, Donar/Thor, Perun etc.. Di lui sappiamo qualcosa soprattutto grazie all’archeologia, la quale ci mostra una divinità certe volte dotata di saetta, altre di una ruota. Quest’ultima simboleggiava forse il tempo, il calendario e/o il Sole. Inoltre in epoca romana egli era il protagonista delle cosiddette Jupitergigantensäulen (le Colonne di Giove e del Gigante), ovvero colonne sulla cui cima era rappresentato Giove incoronato a cavallo che sottometteva un gigante. Tali riferimenti rimandano al carattere, analogo a quello di Thor ed Eracle, di guerriero portatore di ordine nel cosmo e vincitore di mostri. Un’altra divinità importante ma di cui sappiamo ancora meno è Esus, del quale conosciamo qualcosa grazie ad alcune iscrizioni e alla menzione di Lucano nel Bellum civile. Viene accostato alle divinità principali del pantheon gallico, associato a Marte e talvolta a qualità curative. Un’ultima dea che volevo menzionare è “l’Altissima” e luminosa Brigantia, conosciuta soprattutto nella mitologia irlandese come Brigid, membro del popolo divino dei Tuatha de Danann e divenuta in tempi cristiani Santa Brigida. Per la sua storia più antica abbiamo solo iscrizioni e toponimi ma il suo nome era accostato molte volte all’ambito del destino e della fortuna in ambito militare. Possiamo quindi immaginarci una guardiana delle sorti del popoli in tempi di guerra.

Chiaramente gli Dèi celtici sono pressoché infiniti, ma ora mi premeva solamente farvi una panoramica di quelli principali. Andiamo ora a vedere quali sono i principali riti e com’è diviso il calendario celtico.

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I RITI

Anche l’ambito del rito celtico è colossale, perciò potrò delinearne solo alcuni elementi principali. Come abbiamo detto in precedenza, la religione celtica rientra nelle religioni politeiste indoeuropee e quindi condivide con esse l’impianto base di tutto l’apparato rituale.

Data la suddetta scarsità di fonti, non è semplice interpretare nel modo giusto le poche informazioni che abbiamo. Per quanto riguarda la preghiera siamo abbastanza sicuri che il modo di rivolgersi alle divinità fosse stendendo le braccia aperte verso il cielo (o verso il basso). Grazie alla mitologia irlandese sappiamo anche quanto fossero importanti gli incantesimi e le formule “magiche“, anche se non è semplice distinguere cos’è magico e cos’è religioso, soprattutto nelle reinterpretazioni moderne di questi culti. In modo analogo ai romani e agli altri popoli europei, anche i Celti avevano un complesso sistema d’interpretazione della volontà divina. I segni potevano essere colti dal cielo, dalle stelle o dal volo degli uccelli e talvolta anche da situazioni più macabre. È famosa l’usanza druidica di profetizzare in base alle convulsioni e ai tremiti di un uomo morente, il quale veniva sacrificato per tale scopo. Come altri popoli antichi, anche per i Celti i morti avevano qualità profetiche, perciò è abbastanza sicuro che praticassero la negromanzia. Si interrogavano i cadaveri oppure si dormiva in un tempio o in un cimitero per poter contattare uno spirito, certe volte un antenato, altre un antico eroe. Tale pratica si connetteva anche a quella del sogno divinatorio, analogo all’incubazione greca, ossia quella di contattare il divino dormendo e sognando.

Tra i Celti era fondamentale il culto dei morti, che si rifletteva anche sulle feste del calendario, durante le quali i due mondi, l’Al di Quà e l’Al di Là, si incontravano e si connettevano. Come succedeva nella storia, a seconda dei periodi, si succedevano pratiche inumatorie o incineratorie. Le sepolture in primis dei più facoltosi erano accompagnate dagli oggetti della vita quotidiana, che mostravano la propria appartenenza sociale, così come anche animali o servi posseduti in vita. Come nella maggior parte delle culture europee la morte era un proseguo dell’esistenza con un “cambio di residenza” dal mondo dei mortali a quello degli immortali. Lo spirito divino degli antenati morti continuava a vivere nei tumuli, nelle urne e a proteggere le case dei propri familiari.

Tra i rituali fondamentali non si può non accennare ai sacrifici. Il concetto di sacrificio è un concetto fondante del fare religioso e nella società celtica vi si ritrovavano tutte le tipologie di offerta: offerte materiali e organiche. Chiaramente le più diffuse e meno costose erano le offerte di oggetti, prodotti artistici, cibo, incenso e altre cose di vario tipo. Un’importante offerta agli Dèi era quella delle armi e delle spoliae del nemico e gli oggetti erano solitamente rotti per evitare che tornassero a essere usati nel mondo profano. Più costose e significative erano i sacrifici di animali, che solitamente erano quelli della fattoria o quelli che in generale accompagnavano la vita di un contadino-guerriero: ovini, bovini, suini, cavalli e cani.

Il sacrificio più ricco che si poteva offrire ovviamente era quello della vita umana. Questo era chiaramente quello meno praticato e impiegato solo in situazioni limite di urgenza, emergenza e conflitto. Gli autori antichi latino-greci ci raccontano che il sacrificio umano era in uso e praticato dai Druidi, soprattutto utilizzando vittime che avessero un problema con la giustizia o fossero prigionieri di guerra. La logica era la restituzione al sacro, con fine purificatorio e di espiazione, di uomini che si fossero macchiati di qualche delitto. Il dono della vita umana al Dio, talvolta chiedendo qualcosa in cambio, altre no, era l’offerta più prestigiosa. Talvolta si poteva anche sacrificare se stessi, ad esempio anche i re “sacri”, come nel mondo germanico, potevano sacrificarsi per ottenere qualcosa per il popolo. Usi noti e particolari dei Celti erano il wicker man descritto da Posidonio, ovvero un grande uomo di legno al cui interno erano messe le vittime sacrificali (molto probabilmente già morte) e al quale veniva dato fuoco. Un altro uso in voga tra i guerrieri e cavalieri galli era quello di conservare le teste dei nemici uccisi, poiché si credeva che conservasse la forza vitale del guerriero sconfitto, avesse poteri apotropaici e magici.

IL CALENDARIO

Non è assolutamente facile ricostruire un calendario che sia veramente panceltico, poiché quelli che si trovano a giro sono frutto in primis di una rielaborazione della mitologia/folclore irlandese. Del più antico calendario druidico in uso in tutto il continente si sa molto poco. Sicuramente sappiamo che per la cultura celtica tutto principiava dall’oscurità, perciò i giorni e le settimane incominciavano con la notte. I primi calendari delle culture europee erano lunari e lunisolari il conto si teneva tramite le notti e i cicli della Luna (che era essa stessa un Dio). Una delle più grandi e fortunate scoperte della nostra epoca è stato il Calendario di Coligny nella regione francese del Rhone-Alpes vicino alla Svizzera. Esso è un calendario gallico di epoca romana inciso su lastra di bronzo e la sua scoperta alla fine dell’Ottocento ci ha permesso di avere delle informazioni fondamentali sul ciclo annuale del mondo celtico antico e continentale. Questo è un calendario lunisolare scritto in caratteri latini ma in lingua gallica e consiste di 12 mesi e 355 giorni e ogni 2 anni e mezzo viene regolato tramite l’inserimento di un mese aggiuntivo per far corrispondere ciclo lunare e solare. Interessante è la collocazione del principio e della metà dell’anno, ovvero del mese di Samonios, corrispondente al periodo di novembre-dicembre (e antenato del termine gaelico samhain), e del mese di Giamonios, corrispondente al periodo di aprile-maggio. Ciò conferma che per i Celti l’inizio dell’anno si ha tra ottobre e novembre, ma anche che in realtà nella ruota dell’anno vi erano due “inizi”, uno poco prima del solstizio d’inverno e uno prima del solstizio d’estate.

Molto più famoso, soprattutto in ambienti neopagani, è ovviamente il calendario irlandese medievale. Questo si conserva principalmente tramite miti e tradizioni popolari d’Irlanda ed è legato soprattutto alle ricorrenze agricole annuali. Esso si divide principalmente in quattro, i due periodi dei solstizi e i due degli equinozi. Il periodo dell’Inverno è caratterizzato dalla chiusura del raccolto di Fine/Inizio Anno, ovvero Samhain, il periodo di Primavera è caratterizzato dalla fine del freddo e del buio, Imbolc; il periodo d’Estate è caratterizzato dal principio della stagione luminosa e della semina, Bealtaine; e il periodo d’autunno è caratterizzato dal principio del raccolto, Lughnasadh. Come vediamo queste festività sono principalmente legati ai ritmi della vita contadina e atmosferica irlandese, perciò sono fondamentali ma non esaustivi della concezione calendariale celtica.

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I LUOGHI DI CULTO

Come abbiamo detto in precedenza, per le religioni come quella celtica il tempio principale era costituito dalla natura stessa. Cime di montagne, radure nei boschi, grotte, sorgenti di fiumi, incroci, laghi, paludi, rocce, foreste, alberi, isole etc.., i templi sono già tutti intorno a noi. Per questi popoli era importante delimitare il mondo sacro e quello profano, ma inizialmente gli unici artefatti presenti nei luoghi sacri, secondo gli archeologi, dovevano essere stati pali di legno intagliati, pietre scolpite e recinzioni. Col tempo e con l’influenza delle culture mediterranee, anche i Celti principiarono a strutturare i loro templi e a costruire edifici di legno, muri, cortili e grandi cimiteri. In lingua gallica si diceva nemeton ed era la casa del divino, comprese anche le tombe, ossia le residenze degli antenati. Nell’Irlanda medievale furono erette statue di pietra che si pensa avessero una funzione cultuale.


Ovviamente ci sarebbe moltissimo altro da dire sulla religione celtica ma quest’articolo voleva essere una panoramica generale e spero di aver reso in modo più chiaro possibile cos’era la spiritualità dei nostri antenati politeisti. Vi ringrazio per essere arrivati sin qui.

Francesco Manetti

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